Uno dei tesori custoditi al Museo Correr di Venezia è la Veduta di Venezia a volo d’uccello che Jacopo de’ Barbari realizzò nel 1500. Si tratta di uno dei più grandi capolavori della cartografia urbana e misura 1,3 mt x 2,8. Una monumentale xilografia che descrive dettagliatamente la città di Venezia. La stampa xilografica è un’antichissima tecnica incisoria già in uso nell’Antico Egitto. La matrice è una tavoletta di legno duro come quello di ciliegio, melo o pero che garantisce maggior longevità. La superficie viene incisa con un coltellino o una sgorbia (uno scalpellino usato per gli intagli) su cui si applica l’inchiostro. Poi si procede alla stampa con torchio, tramite pressatura o a mano. La veduta di Jacopo de’ Barbari è incisa in sei blocchi di legno di pero di uguale dimensione. La sua vasta superficie rendeva impossibile l’utilizzo di una matrice unica perché non esisteva un torchio così grande. Inoltre un blocco di queste dimensioni avrebbe potuto rovinarsi o rompersi facilmente. Considerata fin dall’inizio un capolavoro dell’arte dell’intaglio, tanto da essere attribuita al Dürer. Jacopo de’ Barbari è stato un pittore e incisore, nato tra il 1450 e il 1470 e morto tra il 1512 e il 1516. Poco sappiamo della prima parte della sua vita ma di sicuro fu attivo a Venezia nella seconda metà del Quattrocento. Dopo il 1500 partì per il nord Europa per lavorare tra Norimberga, Bruxelles, Francoforte ed Anversa. La realizzazione della grande veduta di Venezia fu il risultato di una collaborazione con il ricco mercante tedesco Anton Kolb, che ebbe l’idea di commissionargli quest’opera. Fu terminata nel 1500 dopo un lavoro durato ben tre anni, ed ebbe da subito un gran successo e un’importante diffusione commerciale. Alla fine del XV secolo, periodo di realizzazione della Veduta, la Repubblica raggiunge la massima estensione territoriale, contribuendo a creare il mito di una città unica al mondo.
Le novità della Veduta di de’ Barbari, riguardanti il punto di vista a volo d’uccello e la resa veritiera, spiccano a confronto con le rappresentazioni precedenti della città. Di particolare rilevanza è la pianta disegnata da Fra’ Paolino nella sua Chronologia Magna della prima metà del XIV secolo. In epoca di stampa si segnala la veduta prospettica di Venezia di Erhard Reuwich, che correda la Peregrinatio in Terram Sanctam di Bernhard von Breydenbach, edita a Magonza nel 1486.
La città è delineata e descritta minuziosamente, anche mediante i toponimi, ed è riprodotta fedelmente, tanto che la carta è considerata fonte storica. Sono disegnati in modo veritiero le isole, i terreni, gli orti, i giardini, i campi e i campielli, le calli, i canali, i ponti, gli edifici, i fondaci, le botteghe, anche quelle sull’acqua, gli hospitali, le chiese e i campanili, i conventi, gli oratori, le scolette, gli squeri e i monumenti. Sono presenti numerosi elementi urbanistici oggi scomparsi o completamente cambiati, per esempio al centro della raffigurazione l’allora ligneo ponte di Rialto e la piazza San Marco. Gli edifici sono resi con ricchezza di particolari: torri, merli, comignoli, logge e altane (liagò e diagò), cavane, muri, palizzate, pozzi, cisterne e sottoportici. Persone in atto di lavorare, di andare in barca, pescatori rendono la città viva.
Sono aggiunti dettagli figurativi relativi alla navigazione: navi, barche e burchi, ovvero le imbarcazioni da trasporto.
Oltre al paesaggio cittadino e lagunare è descritta anche la terraferma con le torri di Marghera e Mestre e inoltre l’inizio della zona pedemontana, in particolare verso nord e Serravalle, valico di passaggio dei mercanti del nord Europa. Si tratta di una prospettiva a volo d’uccello: il punto di vista si situa a sud dell’isola di San Giorgio. È verosimile che sia stato usato uno strumento di rilievo simile a quel quadrato geometrico che sappiamo essere stato perfezionato dal matematico e astronomo Georg Aunpeck von Peuerbach e diffuso in Italia dal suo allievo, Johannes Müller, detto il Regiomontano. Dal tessuto urbano emergono le architetture più fortemente rappresentative: l’area marciana centro del poter politico della città, le basiliche dei Frari e dei SS. Giovanni e Paolo, le facciate dei palazzi in Canal Grande, l’Arsenale. Pur nella deformazione prospettica che dilata la parte orientale e comprime fortemente le
zone a ovest della città, la meticolosa riproduzione di numerosi dettagli architettonici ne fa un documento di estrema rilevanza per la conoscenza dell’impianto urbano e l’unica testimonianza visiva della Venezia cinquecentesca nella sua interezza. La presenza inoltre di mercurio e di Nettuno, la grande quantità di navi in bacino e il brulicare di barche in Canal Grande ne sottolineano l’operosità e la potenza commerciale e marittima, caratteristiche queste che
potrebbero far pensare a un intento celebrativo della veduta.
Tutti questi particolari hanno consentito l’attribuzione della veduta a Jacopo de’ Barbari, in quanto stilisticamente vicini alla sua produzione grafica. Il caduceo è presente in numerose incisioni come firma di Jacopo de’ Barbari, tanto che l’artista viene ricordato come il Maestro del Caduceo.