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Vi parliamo oggi della Certosa di San Lorenzo, conosciuta anche come Certosa di Padula (paese della provincia di Salerno), ex monastero, oggi uno dei complessi monumentali più grandi dell’Italia meridionale, patrimonio UNESCO e tra i più vasti in Europa.
La costruzione, iniziata nel 1306 per volere di Tommaso Sanseverino (Figlio di Ruggero II Sanseverino e di Teodora D’Aquino, sorella di San Tommaso) conte di Marsico, ora Marsico Nuovo in Basilicata, durò fino al ‘700. Sorge probabilmente sul sito di un precedente cenobio, dedicato a San Lorenzo, da cui la titolazione.
Le ragioni della costruzione furono specialmente politiche. Sanseverino, con la costruzione della Certosa, voleva ingraziarsi i reali angioini del Regno di Napoli: i certosini erano un ordine religioso francese; inoltre l’area in cui decise di edificare il sito era un punto strategico e cruciale, con grandi campi fertili circostanti (i monaci producevano vino, olio di oliva, frutta e ortaggi) per il sostentamento dei monaci stessi oltre che per la commercializzazione con l’esterno, nonché per avere il controllo delle vie che portavano alle regioni meridionali del Regno di Napoli.
Nei secoli successivi, a partire dal 1583, la certosa subì ingenti rimaneggiamenti, che durarono fino alla seconda metà del Settecento determinandone l’attuale predisposizione architettonica, di impianto quasi esclusivamente barocco. Tra il XVI e XVII secolo l’attività produttiva-commerciale della certosa crebbe. Il sito fu inoltre ancora una volta ampliato: diversi corpi di fabbrica, come il chiostro grande, il refettorio e lo scalone ellittico del retro che, datato 1779, è di fatto l’ultima opera architettonica della certosa, prima della soppressione dell’ordine per mano dei francesi (1807).
I monaci della certosa furono costretti a lasciare lo stabile, che fu destinato a diventare una caserma. Seguirono all’evento furti di svariate opere d’arte, in particolar modo dentro la chiesa.
Con il ripristino del regno borbonico i certosini rientrarono nel complesso. Spogliati di quasi ogni bene, il peso politico che avevano nell’area circostante e nelle gerarchie dei reali fu certamente minore. Tuttavia, non riuscirono mai più ad assumere il ruolo che avevano ricoperto nei secoli addietro.
Nel 1866, dopo l’unità d’Italia, l’ordine fu nuovamente soppresso e dunque i monaci dovettero nuovamente lasciare, per l’ultima volta, la certosa, poi dichiarata monumento nazionale venti anni dopo.
Durante le due guerre mondiali della prima metà del Novecento, invece, essendo l’intero complesso un luogo abbandonato e inutilizzato, fu usato come campo di prigionia e di concentramento.
Dal 1957 alcune sale ospitano il museo archeologico provinciale della Lucania occidentale, che raccoglie reperti provenienti dagli scavi delle necropoli di Sala Consilina e di Padula, dalla preistoria all’età ellenistica. Nel 1981 la certosa fu affidata alla soprintendenza dei beni architettonici di Salerno e l’anno dopo vide avviare i primi veri lavori di restauro. Oggi la Certosa è di proprietà dello Stato italiano ed è gestita dalla Direzione regionale Musei Campania.
La struttura della certosa richiama l’immagine della graticola sulla quale san Lorenzo fu bruciato vivo. Secondo la regola certosina che predica il lavoro e la contemplazione, nella certosa esistono posti diversi per la loro attuazione: il tranquillo chiostro, la biblioteca con il pavimento ricoperto da mattonelle in ceramica di Vietri sul Mare, la Cappella decorata con preziosi marmi, la grande cucina, le grandi cantine con le enormi botti, le lavanderie ed i campi limitrofi.
Lo stile architettonico del complesso è quasi prevalentemente barocco, sono infatti poche le tracce trecentesche superstiti: una di queste è la porta monumentale di ingresso alla chiesa, che presenta bassorilievi lignei sulla Vita di San Lorenzo e sull’Annunciazione.
La certosa conta circa 350 stanze e, compresi i giardini, occupa una superficie di 51.500 m² di cui 15.000 impegnati solo dal chiostro grande, il più grande del mondo.
L’ingresso alla certosa avviene dal lato orientale dove, varcata la porta d’ingresso, ci si immette in un ampio cortile a forma rettangolare chiuso a braccia da due corpi di fabbrica. Il cortile era un tempo il punto che più di ogni altro aveva contatto con l’esterno; su questo affacciavano infatti i siti di produzione del complesso: le speziere, le scuderie, le stalle, le lavanderie, i granai, la farmacia e le officine.
La chiesa conserva gli altari con raffinate decorazioni policrome in scagliola con inserti in madreperla, gli affreschi del XVI – XVIII secolo, il pavimento a maioliche settecentesche, i cori lignei intagliati e intarsiati del primo Cinquecento. Magnifico lo spettacolo del chiostro grande: iniziato nel ‘500 e terminato alla fine del ‘700, presenta due ordini di portici e ben 84 archi. Lungo il portico si aprono i quartieri dei certosini ed in fondo, in una torre ottagonale, lo scenografico scalone ellittico: chiuso all’esterno da una torre ottagonale, lo scalone conduce al primo piano del chiostro grande, utilizzato dai monaci di clausura per la loro “passeggiata settimanale”.