Un tempo a Venezia si diceva: “il Carnevale non può essere interrotto, per nessun motivo”. Tanto che la morte del doge Paolo Renier, avvenuta il 13 febbraio 1789, venne resa pubblica soltanto il 2 marzo per non rovinare i festeggiamenti.
Tuttavia con la caduta della Repubblica di Venezia (1797), questa amatissima festa venne fermata, ma non completamente: infatti sulle isole di Murano e Burano i festeggiamenti continuarono e finalmente, dopo quasi due secoli, nel 1979 le maschere ripresero a popolare le calli veneziane e il carnevale tornò in tutta la sua vivacità.
Tra le maschere veneziane la più inquietante e la più tristemente attuale è quella del Medico della Peste. Riconoscibile dal lungo naso simile al becco di un uccello, era una vera e propria uniforme medica, usata dai dottori e chirurghi per proteggersi dal morbo quando andavano a visitare i malati. Il vestito, che copriva interamente il Medico dalla testa a piedi, era in tela cerata, ben chiusa intorno alla maschera; le mani erano coperte da guanti e i fori tondi all’altezza degli occhi erano protetti da due pezzi di vetro. Sui lati del “becco”, erano praticati due tagli orizzontali, per far passare l’aria. Il becco veniva poi riempito di erbe aromatiche, così da filtrare e purificare l’aria respirata. Se la paragoniamo alle divise utilizzate dei medici di oggi per proteggersi dal covid-19 ci è chiaro l’intento pratico ma ci sfugge la funzione dell’aspetto terrificante. A quei tempi non si sapeva nulla di microbi o virus, ma si pensava piuttosto che la malattia fosse portata dagli spiriti, o “influenze negative” che causavano disordine negli umori del paziente. La maschera serviva quindi da un lato a impedire che gli spiriti, attraverso l’aria, entrassero nel corpo del medico e, dall’altro era necessario spaventarli per riuscire a scacciarli dal paziente ed evitare intaccassero anche il medico.
La maschera del Medico della Peste finì per diventare sin dai tempi antichi un vero costume di Carnevale. Come spesso succedeva, il costume aveva un significato apotropaico, ovvero serviva a evocare il male (o meglio, il ricordo del male) per vincerne la paura recondita che tutti nutrivano.