Chiedo scusa alla favola antica,
se non mi piace l’avara formica.
Io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende,
regala
(da Filastrocche)
Gianni Rodari nasce il 23 ottobre del 1920 a Omegna, nel Piemonte settentrionale: scrittore, maestro elementare, pedagogista e poeta, Rodari ha accompagnato nelle scuole generazioni di ragazzi e insegnanti ma merita di essere ricordato (e con maggiore forza ora, nel centenario della sua nascita) anche e soprattutto come intellettuale straordinario. Non ingannino le sue declinazioni scanzonate, la lingua limpida, le filastrocche: è la selvaggia chiarezza dei grandi scrittori, la sua.
Attivo nelle file della Resistenza alla fine della Seconda Guerra mondiale, inizia presto una carriera di insegnante e pubblicista: si iscrive al PCI nel 1944 e proprio per la sua militanza comunista verrà scomunicato dal Vaticano nel 1951, i suoi libri bruciati nei cortili delle parrocchie.
Nel 1964 viene pubblicato Il libro degli errori, un’opera che dietro gli inciampi dalla nostra bella lingua mostra i tarli dell’animo e della società (ricordiamo Il Professor Sospeso, confuso fanatico dei punti di sospensione). Due anni prima uscirono le indimenticate Favole al telefono, grande appuntamento di Rodari con il grande pubblico.
Nel 1973 esce il suo capolavoro pedagogico, la Grammatica della Fantasia- introduzione all’arte di inventare storie, un saggio indirizzato a insegnanti, genitori e animatori: è il portato di anni di lavoro sulla “Fantastica”, concetto mutuato dal poeta tedesco Novalis. «Rodari trasforma la fantasia in uno strumento indispensabile […] una fantasia da coltivare, allenare, liberare, per permettere al bambino di diventare un buon adulto» (www.100giannirodari.com). La fiaba diviene quindi un modo di parlare del mondo e per parlare delle cose, per dare una forma all’universo fantastico dei piccoli, mescolando la varietà del reale e le infinite possibilità del linguaggio: le fiabe sono infatti il luogo di tutte le ipotesi.
Accanto all’attività di scrittore, si batte attivamente per una scuola antifascista, laica e democratica, mostrando che l’educazione non può mai essere estranea a una precisa idea di società e di emancipazione: «Vorrei che tutti leggessero non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo».
Gianni Rodari muore a Roma nel 1980, prima di compiere 60 anni e, nemmeno a dirlo, ci è mancato moltissimo.