Nei primi anni Ottanta intervengono a Cadoneghe Giuseppe Samonà e il figlio Alberto con un progetto che, come quello di Aldo Rossi a Borgoricco (sempre nel territorio della Centuriazione a Nord-Est di Padova), sarà destinato a cambiare la storia urbanistica di questa cittadina periferica, delineandone lo sviluppo futuro.
Ciò che il Piano Particolareggiato in vigore prevedeva per la piazza Insurrezione di Cadoneghe consisteva nellʼabbattimento degli edifici preesistenti con la creazione – fin troppo doviziosa – di parcheggi in margine agli assi viari allargati, e lʼoccupazione pressoché totale della piazza con un ampio volume a corte centrale.
Ancora una volta è una felice coincidenza di intenti ciò che permetterà ai Samonà di procedere speditamente per la loro strada: il Municipio non sarà concepito secondo le linee del Piano precedente, inviso agli stessi cittadini per le previsioni che avrebbero stravolto lʼidentità di Cadoneghe, ma secondo linee progettuali tutte differenti a partire dalla forma del contesto esistente. Niente abbattimenti dunque, ma solo ristrutturazioni. Si fa una Variante al Piano per lʼarea del Municipio che estende contestualmente l’incarico per il progetto dellʼedificio, data l’esigenza (subito emersa) di forma degli spazi contigui, all’intera area di Castagnara e Mejaniga, praticamente dal ponte sul Muson dei Sassi fino alla piazza del Municipio.
La prima e più significativa scelta progettuale è proprio quella di mantenere il vecchio edificio come simbolo dell’identità di Cadoneghe nonostante il non elevato valore architettonico, disponendo attorno ad esso la nuova sala comunale e i nuovi uffici (solo le Poste saranno sostituite) e di mantenere soprattutto, ridisegnandone completamente forme e proporzioni, lo spazio-piazza nel quale esso è inserito. È il primo e più immediato coinvolgimento che il nuovo edificio attua nel contesto urbano, dividendo ben presto la Variante da una Variante Generale del Piano Regolatore.
L’attività di Samonà sembra tesa a una nuova significazione che ogni volta è come un ripartire da capo, e assume ogni volta un referente privilegiato, un limite esterno, che nel teatro di Sciacca è il rapporto con la natura, nel progetto per Parigi è quello con la storia, a Cadoneghe è forse una misura di rapporto con le cose, per non prevaricare il luogo con la forma.
In questo senso è una “misura” che si esprime anche nel linguaggio, come disposizione complessiva del progetto, che interpreta a Cadoneghe il tema “Municipio” come un servizio in continuità con altri edifici, predisposto per gli usi della gente, aperto da molti lati nello spazio urbano circostante, ritrovando forse per questa via le condizioni per una “rappresentatività” diversa, meno legata all’immagine, tutta giocata sul filo della “solidarietà urbana” che è un concetto, come spesso avviene in Samonà, che assume un duplice risvolto, un significato fisico spaziale e uno culturale antropologico, di cui il primo rimane comunque il termine di riferimento: quella coerenza di forme, quell’armonia tra spazi ed attività che vi si svolgono, utile al riconoscersi della gente nei segni impressi all’ambiente, che formano o formeranno il grande deposito della memoria e non invece un inutile, arbitrario, affastellarsi di segni o di opere con i quali si tenta di coprire la mancanza di un valore iconico che non c’è più o non c’è ancora.
Il disegno della piazza con il parterre e gli elementi in elevazione, la pensilina, i percorsi, i campi diversi della pavimentazione, il tondo con il sedile e con la vasca, elementi di arredo urbano più segnati quasi che non l’edificio, forse esprimono proprio questo convincimento, la possibilità di gettare un ponte tra mondo dei segni e mondo reale affidato alla “matericità” delle cose.
Bisognerà andare a Cadoneghe, percorrere la via Gramsci, scorgere di lontano l’affacciarsi di scorcio della sala del Municipio, oltrepassare il portico delle Poste, entrare nella piazza, costeggiare il “muro fiorito” verso la scuola, sottopassare il Municipio verso la piazzetta giardino: si apprezzerà il tono discreto, non magniloquente, del Municipio, in relazione alla sua volontà di dar forma ad uno spazio urbano. Il tentativo di Cadoneghe è quello di costruire unʼidentità urbana, e non forma per la forma, laddove non c’era ancora un contesto non carico di storia. Da questo punto di vista il Municipio è interprete efficace della “comunità insediata” che voleva darsi un simbolo, un segno fisico, “visibile” della propria autonomia.
L’esperienza di Cadoneghe non nasce da grandi disegni complessivi o da forti mediazioni teoriche, ma in essa è determinante, in quanto fondativa, l’osservazione della realtà come vera e propria intenzione progettuale di dirigere e misurare la trasformazione a partire da ciò che esiste (e questo in maniera ancor più significativa proprio perché non in presenza di grandi valori urbani, di grandi centri storici). Il Municipio è la prima pietra, lʼatto fondativo di un processo che si è avviato inserendosi in un certo momento, in un certo punto e che forse diverrà col tempo un piccolo pezzo della storia di Cadoneghe.